21 aprile 2012

Sette anni, cieco e sordomuto: l’Inps nega l’indennità

di Cinzia Brancato - La sua vita non ha né colori né suoni. I suoi compagni di giochi sono il silenzio e la notte. Ciro ha sette anni e da quando è nato è cieco, sordo, muto. E non cammina. La sua vita poteva diventare un’occasione di riscatto per tanti. Come fai a non aiutare il bambino che non parla, non sente, non vede e ha un serio ritardo motorio?
In tanti, invece, si sono messi a schiaffeggiarlo. Come se la vita non l’avesse già abbastanza umiliato. Per la burocrazia Ciro non è un invalido al 100 per cento. Al bambino di Acerra che non conosce suoni né colori e non ha gambe per correre, l’Inps di Nola da quattro anni non riconosce l’assegno di accompagnamento. Quasi cinquecento euro al mese negati.
Al bambino viene riconosciuto soltanto un indennizzo per la cecità. La mamma e il papà hanno fatto richiesta perché gli venga riconosciuta anche la sordità, ma la pratica, da due anni, si è persa tra gli scaffali dell’Inps. Il decreto è stato anche accettato, ma del pezzo di carta non c’è più traccia. Dal 2009, intanto, il riconoscimento dell’indennizzo di accompagnamento è diventato la causa numero 15.706 del Tribunale di Nola. Ma di chiuderla non se ne parla.
La prossima udienza è stata fissata al 19 ottobre 2012. Tanto il tempo per Ciro passa lento.
Non conosce colori né suoni nemmeno la vita della famiglia di Ciro. Il papà, Ferdinando Colombrino, 43 anni, ha dovuto cedere la macelleria, di cui era titolare, prima in mano alla camorra e poi agli usurai a cui si era rivolto per pagare il pizzo. Duemila euro al mese erano troppi perché potesse farcela a lungo. Ha avuto coraggio, Ferdinando, li ha denunciati i suoi strozzini, ma ha dovuto chiudere cassa e rimediare in un supermercato dove ha lavorato fino allo scorso ottobre quando poi è stato colpito da ictus celebrale.
Se l’è cavata, ma da allora non può più muoversi con la stessa agilità di prima. Ha fatto domanda anche lui per un assegno di invalidità, ma all’Inps di Nola gli hanno risposto che ne ha diritto, ma non subito. Non gode ottima salute nemmeno la mamma di Ciro, Luisa, 40 anni, casalinga, è attualmente ricoverata all’ospedale San Gennaro per accertamenti.
Hanno tanta dignità i Colombrino: «Noi non vogliamo pesare su nessuno – dice il papà di Ciro – non chiediamo l’elemosina. Vogliamo soltanto che ci venga riconosciuto quanto per legge dovrebbe esserci dato. Finora abbiamo potuto fidare soltanto sulla chiesa. La diocesi ci ha prestato 1500 euro. Appena sarà possibile cerceremo di restituirli».
In realtà a Ciro un assegno di accompagnamento è stato concesso fino ai tre anni di età poi è accaduto che una commissione dell’Asl di Casalnuovo, dove all’epoca i Colombrino abitavano, ha deciso che il bambino non ne avesse più diritto. «Si è trattato chiaramente di un errore – spiega Lucia Danese, consulente legale dell’avvocato Patrizia Ferro che difende i diritti del piccolo – a cui ci siamo opposti e a cui si sarebbe dovuto subito porre rimedio con il buon senso. L’Inps di Nola, a cui la pratica è finita per competenze territoriali, ha scelto, invece, di affidare la causa Colombrino ai suoi legali e di far decidere al Tribunale di Nola. Con i tempi dei Tribunali».
Della famiglia Colombrino si prende cura l’associazione il e il Centro Buonincontro di Casalnuovo. «La situazione di Ciro e della sua famiglia – dicono la psicologa Daniela Barberio e l’assistente sociale Giovanna Mosca – parla da sé. Qui non si tratta di criminalizzare nessuno. Serve solo giustizia dinanzi a diritti che vengono da anni lesi».

La versione integrale di questo articolo è presente sul sito
http://www.ilmattino.it/

Redatto da Raimondo per Niente Barriere
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1 commento:

Jas21 ha detto...

Sinceramente vergognoso!